Petizione al Senato in materia di whistleblower
PETIZIONE
sull’ambito di applicazione delle misure in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato, di cui al disegno di legge n. 2208
I sottoscritti cittadini TESTA Irene, Avvocato Alessandro Gerardi, On.Maurizio Turco, On.Rita Bernardini, On.Maria Antonietta Farina Coscioni, On.Marco Beltrandi, On.Elisabetta Zamparutti
ai sensi dell’art. 140 del Regolamento del Senato sottopongono la seguente petizione, che richiede l’adozione di un provvedimento legislativo in occasione dell’esame in Senato della proposta di legge già approvata dalla Camera (con cui la petizione ha attinenza, ai sensi dell’articolo 141 del predetto Regolamento):
Premesso che:
– la Camera dei deputati, nell’approvare la proposta di legge n. n. 3365-1751-3433-A, ha scelto, tra l’altro, la tecnica della “novella” del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
– l’ambito di applicazione del predetto decreto n. 165 è costantemente interpretato (v. Alessandro Barbera, “La strategia del governo“, in La Stampa, 26/08/2015) nel senso che gli organi costituzionali possano scegliere se, come e quando applicare la normativa generale ai dipendenti delle loro amministrazioni. Quest’accezione dell’autonomia degli organi – sconosciuta in tutti gli altri ordinamenti stranieri – è fatta discendere dall’autodichia, come dimostra la relazione al disegno di legge n. 1560 della XVI Legislatura, ad iniziativa del senatore Maritati (comunicato alla Presidenza il 28 aprile 2009), che perciò proponeva di devolvere alla giurisdizione ordinaria ed amministrativa le controversie (con i dipendenti e con i terzi) oggi attribuite agli organi di giurisdizione domestica delle Camere e riguardanti, rispettivamente, diritti soggettivi ed interessi legittimi;
– la richiesta di far venir meno l’autodichia – nei termini in cui è stata avanzata, tra l’altro, da Irene Testa ed Alessandro Gerardi nel libro “Parlamento zona franca”, Rubbettino ed. 2013 – non è stata accolta e, pertanto, prosegue “un oscuro passato (che, però, proietta ancora sul presente la sua lunga ombra)” (v. Antonio Ruggieri, Gli “effetti politici” delle sentenze della Corte costituzionale emesse in occasione dei giudizi sulle leggi, relazione al Seminario su L’impatto politico delle decisioni delle Corti costituzionali, Catania 9 giugno 2014, in Consulta online, p. 9 nota 22);
– le speranze di uscire dalla lunga ombra di questo oscuro passato riposano tutte sulla risoluzione del conflitto intrapreso dalle sezioni unite civili della Corte di Cassazione il 18 novembre 2014 (reg. conf. poteri n. 1 del 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 agosto 2015 n. 33), dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 137/2015 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2015 n. 28);
Considerato che:
– il relativo fascicolo processuale, in Cassazione (n. 15041-2012), reca anche la proposta di legge Atto Camera n. 5472/XVI (Bernardini e altri. –Modifiche agli articoli 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e 7 del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, concernenti la natura delle amministrazioni degli organi costituzionali e la sottoposizione dei loro atti alla giurisdizione comune): la soluzione ivi affacciata consentirebbe di evitare che si ripetano, in futuro, eventi analoghi a quello che ha dato luogo al contenzioso in atto davanti alla Corte costituzionale, il quale atteneva proprio ad un caso di demansionamento che, oggi, sarebbe qualificato “misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro” (articolo 1, comma 1 del disegno di legge n. 2208);
richiedono
cha la Commissione in sede referente sul disegno di legge Atto Senato n. 2208 valuti la possibilità di estendere a tutte le pubbliche amministrazioni,comprese quelle dipendenti dagli organi costituzionali, la disciplina di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico.